Veffe/episodi RIVEDUTO E CORRETTO
VF.
Episodi
di vita scolastica ed altro
( dal 3/11/2012)
Il primo ricordo che ho della nostra classe di Liceo (
Vittorio Veneto via De Vincenti c/o piazzale Lotto Milano ) – a proposito ho
scoperto anni dopo che Vittorio Veneto è stata la battaglia della vittoria
della prima guerra mondiale e che Lotto era Lorenzo Lotto pittore del
rinascimento veneziano nato all’inizio del ‘500 – è quando siamo in palestra
per la chiamata della formazione delle classi.
Celebrava il vice preside, magrone alto sempre un abito
grigio chiaro, di cui nn ricordo il nome. Credo prof di ginnastica.
Si tratta di quel professore per il quale il Tissoni
usciva di corsa dalla classe allorquando la sua voce gracchiante e sgradevole
ammoniva dagli altoparlanti, posti in alto a destra, lato cattedra in tutte le
aule del moderno liceo.
“ … per carità una degnissima persona, ma una voce … “.
Io intanto imparavo l’aggettivo degno a riguardo di una
persona.
In casa mia si diceva brava
persona non degna.
Un linguaggio un po’ troppo su per noi.
Di quegli episodi c’è una vignetta/disegnino di Klaus,
che spero tanto abbia conservato nelle amate carte di un tempo: si vede un
foglio svolazzare verso terra ed un piede/scarpa/pantalone che si perdono in
una porta intuita poiché vista in parallelo, quindi si vede solo lo stipite, che
dà verso il corridoio.
C’era una frase in accompagno, come quasi in tutti quei
disegni di Klaus, ma nn ricordo.
Potrebbe essere “ Il Tisso esce di corsa al sentire la
voce del prof … “
Di quella porta e del Tissoni c’è in realtà una
fotografia ‘all’incontrario’.
Klaus, che già si avviava a fotografo professionista,
fece una foto da nikon posta su banco, di fianco al muro, lato corridoio per
intenderci, raccomandando a quelli che erano davanti di trattenersi verso
sinistra per potere scattare nel trambusto dell’ingresso il “ … comodi prego ! …“
.
E la foto, tenuta segreta per timore di rappresaglia, fu
un successo: si vede il Tisso che entra con cartella nella mano sinistra, con
la destra si intuisce che chiude dietro sé la porta.
Bianco/nero, stampa piccola, grana grossa, penso perché
carta sensibile. Non c’era molta luce in classe.
Insomma il primo ricordo.
Il prof credo con altoparlante/megafono chiamava le
classi: I A, prof . tal dei tali, gli studenti: A…, B…, C … e via dicendo.
Ho un ricordo netto perché era il primo giorno di scuola,
di liceo, ero intimidito al cubo, pioveva che dio la mandava, una palestra così
attrezzata nn l’avevo mai vista, e avrei conosciuto gli studenti di liceo ed i prossimi
compagni di classe.
La ricordo in particolare perché il citato prof ad un
certo punto si inchioda su klaus guld, gulbr, guildorund et similia.
Ricordo benissimo che klaus uscì dal branco di quelli che
attendevano intimoriti tutt’attorno, noi tutti cioè, e si diresse in fila in
attesa del completamento della chiamata concludendo la disagevole performance
del prof.
La Bontempi, che ci prelevò per condurci in classe, mi
sembrava proprio la prof. di lettere che avevo immaginato.
Piccolina, scarpe basse con suola di para, calze velate
un po’ sul marrone, gonna lunga al ginocchio, credo giacchina quindi doveva
essere un tailleur di lana: una signora insomma.
Tipo Fornero di oggi.
A casa dissi che avevo un compagno di classe tedesco.
Klaus indossava, me lo ricordo come se lo vedessi ora, un
paio di scarpe che usò credo per tutto il liceo con due borchioline ai lati,
suola di gomma, che peraltro in classe nelle ore tediose di lezione di nn so
chi, tagliava con il suo coltellino a fettine sottilissimi.
Le usò per tutto il liceo fino a quando le consumò, a
furia di tagli ovviamente !
E mi sono sempre chiesto perché la sua mamma nn lo
obbligasse a sostituirle. In casa mia sarebbe stato assolutamente impensabile.
Si badi che non significa critica di sciatteria alla
mamma di Klaus, una donna di signorilità e di rango non discutibile sotto alcun
aspetto.
Si trattava di educazione e costume famigliare, null’altro.
Poi aveva un paio di pantaloni scuri stretti in fondo,
calze scure e soprattutto, non solo in termini descrittivi nel senso che tutto
copriva, la sua famosissima palandrana gialla fiammante con cappuccio
impermeabile.
Una cosa inedita, scioccante persino, bellissima, super
funzionale che suscitava meraviglia ed ammirazione ( almeno in me ).
Gli altri nn li ricordo. Nessuno.
Forse Scoppetta poiché claudicante.
Di Scoppetta ricordo quando entrava in classe e gettava
con debordante energia e esplicita incazzatura la sua cartella/borsa sul banco.
Ma quello ovviamente venne dopo.
L’ultimo ricordo della classe invece fu d’estate.
Finita la scuola e prima degli esami finimmo a fare un
giro in tanti per i giardini di piazzale Lotto ed intorno al liceo.
Benché ben più vicino nel tempo di quell’episodio ho
ricordo confuso.
Credo fosse l’ultima ora di scuola e proprio con il
Tisso.
Ci lasciammo amaramente e senza trasporto né saluti
particolari.
Erano successi i noti episodi e nn si recuperò più
serenità con lui.
Forse tutti volevamo guardare avanti ed eravamo già proiettati
al pensiero della maturità e del dopo.
Forse non fu neppure così.
Se qualcuno potesse confermare !?!
Poi io e Ogliuto andammo a casa mia in montagna ( Chiesa
in Valmalenco ) dove passammo alcuni inverni con molti, negli anni precedenti,
per prepararci alla maturità.
Studiammo molto e seriamente.
MI accorsi che non sapevo niente, ero veramente
impreparato.
Mi venne l’angoscia e studiai ancor di più.
Alla maturità feci un tema orrendo, credo il peggiore di
tutta la Commissione.
Fui maturato con un deludente 38.
Penso fosse giusto così.
Ogliuto invece come sempre super brillante, credo con 60
o poco meno.
A Chiesa, anche per stemperare il non poco impegno dello
studio, facevamo le prove di guida di macchina sulle curve in salita.
Ogliuto aveva la 128 di suo papà, tre porte, una macchina
strepitosa, brillantissima. Colore verdino/celeste, il colore non deponeva
molto a favore in effetti.
Una volta fece una ‘grattata’ su un paracarro per un
curva presa troppo stretta.
Terrore.
Andammo a Sondrio ed il carrozziere sistemò tutto. Ma fu
piuttosto sgradevole ed eravamo increduli che fosse successo.
Era per andare a Caspoggio da Chiesa. Ogliuto ricorderà.
A casa, vicino a casa, c’erano giovani autoctone che
sbirciavano e noi loro.
Noi le appellavamo fra di noi in modo un po’ disinvolto.
Ma nn successe niente.
Provammo anche ‘la onestà del valligiano’ lasciando un
resto di soldi sul cofano della macchina posteggiata sotto casa per tutta la
notte.
Io sostenevo che nn sarebbe successo nulla.
Ogliuto diceva l’incontrario: che ci avrebbero rubato.
Vinsi io. L’ indomani tutto era al suo posto.
“… Ma tu pensa che cazzate che si fanno da giovani !
Vabbè ma quando si hanno 18 anni vale. “
Avvicinandosi il tempo degli esami ci venne l’idea, credo
che ci fossero stati preventivi accenni ma non ricordo bene, di andare a
Macugnaga da Maura Arosio per finire la preparazione.
In realtà studiammo seriamente anche là e non c’erano
secondi fini.
Maura era là con Silvana Manzardo e Gabriella Olgiati. Ma
anche con la madre.
Alloggiammo nella casa di fianco. Fummo amati, serviti e
riveriti.
Un po’ in imbarazzo poiché eravamo là a sbafo !
consapevolmente.
A onor del vero, credevamo di trovare solo le ragazze
senza madre accudente…
Ci sdebitammo regalando una pianta alla signora Arosio,
medico, di una età un po’ attempata, ma molto per bene, simpatica e con spessi
occhiali dai quali ti guardava e considerava.
Il regalo fu gradito
Diceva che il Tissoni ci aveva tirato un po’ fuori da una
condizione di ristretta adolescenza.
Ricordo benissimo il viaggio da chiesa a macugnaga.
Partenza alle 4 del mattino.
Fermi al confine per la svizzera poiché la barriera apriva solo
alle 6.
Passammo per porlezza, lugano rientrando in Italia da
centovalli in val formazza.
Ne ho ricordo netto, molto orgoglioso, bellissimo viaggio
veloce contro corrente ad un flusso di auto di frontalieri che andavano al
lavoro al mattino presto guidando come ‘ matti ‘.
Sapeva di autonomia, di patente presa da poco, per
raggiungere prestigioso posto in montagna, con ragazze che credevamo in attesa
( e non era così ).
Studiammo anche lì, come detto, senza sosta e ne conservo
ricordo vivido e vitale, di autonomia conquistata e di cosa fatta senza
interpellare nessuno.
Il secondo ricordo è di Paolo Favre che fa scoppiare non
so bene cosa in classe con la Labadini.
1° anno e certamente d’inverno.
Era come un foglio di carta ringrossato. Un prodotto da
piccolo chimico evoluto.
Di quelle cose facevano anche Klaus con Hans, suo
fratello, e tale Malossi loro amico con il quale avevano fondato in tempi
addietro una specie di società, appunto da piccolo chimico.
Questo Malossi era uno, squinternato ai miei occhi, dagli
incerti contorni personali, con madre palesemente ossessiva e rompicoglioni, i
guld brothers lo persero di vista, e divenne un ‘refrain’ nella nostra classe
con la Cecca.
Penso che nn tutti sapessero che questo Malossi, sempre
fuori e che non rientrava mai in classe, era persona fisica concreta e non solo
una entità spirituale evocata per intrattenerci a - in fondo vergognoso,
bisogna ammetterlo - compiacimento nel prendere in giro la Cecca.
Questa della Cecca mi ha sempre un po’ portato del
rimorso.
Era certo una battaglia giusta, contro il sistema, contro
le disfunzioni ed ipocrisie della scuola borghese, contro le vergogne di una
scuola di classe, contro la assenza di professionalità e contro la indulgenza
di chi nn diceva niente e niente aveva detto per anni tollerando e noi
finalmente dicevamo basta, il re era nudo e noi l’avevamo detto.
Ma noi ce la siamo presi con una donna d’altri tempi che
curava la madre anziana e lavorava.
Sola, senza nessuno e fuori tempo, anche solo per come si
presentava in classe, abbigliamento compreso, faceva il suo dovere di
insegnante, certo senza riuscirci.
Ricordo con nettezza le parole di accusa che ci fece il
Bonetti in visita da noi l’anno dopo, o forse lo stesso anno della contestazione che portò alle dimissioni
della Cecca, credo quindi in IV: ‘ … voi che predicate l’uguaglianza e la solidarietà
( ma a quel tempo nn si diceva solidarietà ! ) vi comportate nel peggiore dei
modi inesorabili e giustizialisti ( anche questo sostantivo non era in uso
allora, ma nn ricordo alla lettera ) e non avete rispetto per la età e per la sua
storia !’.
Fu appello etico, non contestava che noi avessimo ragione
nel merito, ma poneva un interrogativo profondo.
Io non ho dimenticato e mi ritorna alla mente con disagio.
Poi si è perso il filmino… !
Ricordo la riunione di classe con i genitori ed il
preside, prof. castorina, impegnato più nella pallavolo che a fare il preside.
Accompagnò un gruppo a New York: per noi graziano e klaus
che molto mi delusero poiché nn mi portarono una racchetta da tennis ( la
arthur ashe in fibra ) che avevo chiesto ed attendevo tantissimo.
Litigai con mio padre che mi raccomandava di non
illudermi.
Io ero certo che gli amici non avrebbero ‘tradito’ la mia
fiducia.
Ogliuto aveva tenuto un diario delle ‘malefatte’ ed in
una aula di chimica o fisica, davanti a tutti i genitori, in un luminoso
pomeriggio, le elencò.
Dopo un po’ fu fermato. Si aprì il dibbattitto.
Si decise quindi che noi attendevamo la fine dell’anno
buoni e la Cecca se ne sarebbe andata. Cosa che fu.
Castorina si impegnò e fu di parola.
La Matematica fu salva, e così pure la Fisica.
Venne una nuova prof.
brava e bella signora toscana dai neri e mossi capelli di cui non
ricordo più il nome. Noi fummo orgogliosi.
Certamente però perdemmo quello che si può dire un po’ di
innocenza, di gruppo e ciascuno personalmente.
Fu una battaglia limpida negli intenti, ma sporca nella
conduzione.
Fummo cattivi e senza scrupoli.
Crudeli, di quella crudeltà giovanile che solo con il
tempo e la maturità si abbandona.
Non so se oggi rifarei così, certamente allora prevalse
la affermazione di sé. Di noi.
E la verifica di potere contare e cambiare le cose.
Fu un atto importante.
Ma torniamo a Paolo Favre ed ai suoi intrugli esplosivi.
Al tocco scoppiò.
Il tocco fu di Ciclone che raccolse da terra un foglio
innocente.
Ciclone al tempo era ancora Sandro Roda, molto per bene.
Si potrebbe dire: ‘… pure troppo ‘.
Oggi valente ingegnere,
al tempo, più avanti si intende, fidanzato e con moto guzzi incredibile !
La Labadini diventò paonazza e si infuriò da bestia.
Non ricordo come finì. Forse dal Preside.
Paolo Favre, che
perdemmo già al secondo anno, era stato
mio compagno di classe alle medie, era matto come un cavallo.
Si giustificò con giustificazione tecnica ineccepibile:
faceva solo rumore e non faceva male !
La Labadini se avesse potuto lo avrebbe incenerito
all’istante.
Ricordo che Graziano, anni dopo, ne parlava poiché
incontrato in un negozio con sua madre per acquisti e che protestava ‘ … mamma
questo cappotto è troppo lungo ! nn si riesce a scappare dalla polizia ! ‘.
Non so se vero. Molte sono le leggende metropolitane ma è
verosimile considerata la personalità.
A onore della cronaca Labadini, incontrata anni e anni
dopo, fu donna dedicata alla solidarietà ed assistenza dei ’ giovani in
difficoltà ‘ ed al recupero di quelli
ritrovati ‘ai margini’.
Ammirevole.
Ricordo infine il tentativo di ballo di graziano nella
gita a como con la stessa Labadini ed il Bonetti ( ma se c’era il Bonetti
doveva essere in seconda ), quando finimmo in funicolare piuttosto che al museo
voltiano.
Maurizio Calì aveva subdolamente organizzato per essere
in como il giorno di chiusura del museo.
In quella occasione cantai con Paola Loreti le canzoni di
De André, in particolare la Canzone di marinella.
Ricordo bene lo stupore ed anche il compiacimento. Ai
miei occhi Paola era inarrivabile. Ed anche forse proprio per questo un po’
estranea.
Benché ricordo oggi molto bene quel pomeriggio non ci
furono molti altri episodi e Paola rimase un po’ estranea alla mia vita di
classe.
L’ultimo ricordo che ho della prima è una mia
interrogazione con il Salati.
Mi feci sentire preparando una biografia di Flaubert.
Feci bene e fui molto contento.
Incredibilmente nn ricordo altro della prima.
I ricordi dopo si accatastano senza troppo capire e dare gerarchie di tempo a questo o quello
episodio.
Per esempio nn ricordo se è in prima che imparai a
suonare la chitarra ed ad avvicinarmi alla musica, per la cui cosa, devo eterna
gratitudine in tutto e per tutto a del ( mauro del corpo ).
Forse a fine anno.
SI imparava con la Bambolina che faceva sempre di no di
Antoine: tre accordi mi, la e re.
Ricordo che con lui suonavamo nel giardino di casa mia,
credo sicuramente ad inizio d’estate.
Ma il capitolo del suonare viene dopo tutto a parte.
Come quello delle feste.
Per me è come se il quinquennio si divida in due: la classe
prima ed il quadriennio successivo.
Niente di originale anche perché il ciclo didattico era
stato composto così. Una prima di passaggio ed un quadriennio successivo.
Al classico facevano le due di ginnasio e le tre di
Liceo.
Quelli del classico mi stavano sulle balle, forse per invidia.
Sembravano sempre, e lo erano, i più colti. Forse perché frequentavano comunque
le scuole del centro ed il ceto era di alto bordo.
I miei figli per esempio hanno fatto l’uno lo
scientifico, l’altro il classico.
Il Tisso però diceva che lo scientifico era meglio, il
classico andava in disuso.
Là non stava il futuro.
A me questa considerazione rassicurò parecchio.
Se lo diceva lui prof di lettere, latinista,
universitario ed anche alto graduato dell’esercito in congedo, c’era da
crederci.
Ricordo numerose considerazioni che costellavano la vita
scolastica del Tisso.
Poi fu illuminante nella sua efficacissima sobrietà la
presenza del Sanna.
Ma allora era il Tissoni
l’elemento di riferimento, non lo fu il Bonetti.
Una volta criticò il film di Rosi ‘ Un anno
sull’altopiano ‘ tratto da libro di Emilio
Lussu.
Criticò da sinistra: riteneva che il film era
macchiettistico mentre il libro era drammatico.
Un po’ era vero. Quella critica mi colpì.
Ci rimasi male quando rifiutò deridendo quasi l’invito a
cena per l’ultimo anno, che infatti poi non si fece.
Richiamo qui il tema del corso di studi.
Ci fu una discussione in classe a seguito credo del
lancio sassi da parte degli studenti del Conti, credo in quarta.
Con Marco de Zordo ricordo che ci intrattenemmo, c’era
Laura Agnoletto in quella occasione, a considerare che tiravano sassi perché
noi ‘ avevamo ‘ le donne e loro no.
Non era così, ma era anche così.
In quella occasione Il Tisso fece un discorso sulle
classi dirigenti del futuro e sulla loro formazione.
Facile quindi a essere criticato da sinistra, per una
discorso classista.
In realtà penso oggi avesse ragione, almeno in parte.
Le classi dirigenti formano i loro dirigenti. Noi eravamo
in formazione.
“I ragiunatt erano ragiunatt ed i periti i periti”.
Le vicende di quegli anni rivoltarono tutto certamente, ma oggi questa notazione è
quanto di più evidente: la scuola, ritornata in parte privata e di classe,
accompagna, separando nettamente, una gioventù periferica e destinata ad
esserlo, ed una destinata ad una funzione di gestione delle cose.
Al nostro tempo il rimescolamento delle carte fu
poderoso.
Oggi quanto di più impensabile.
Andare a scuola costa ormai, non poco e chi non può non riesce a mandare i figli
alla università.
L’ubriacatura berlusconiana ed il trentennio, diciamo
liberista, ha fatto regredire il paese
di 30 anni in un modo inequivoco e come in un ‘colpo
solo !’ .
Mi è capitato di constatarlo con rammarico, autentica tristezza
e senso di impotenza, nel conversare con amici che confessavano di non avere i soldi
per fare studiare i propri figli.
Infine mi chiedo quello che potevano pensare i nostri proff
di noi.
In particolare se mi soffermo a vedere oggi i ragazzini di 14/15 anni che mi sembrano
così lontani e ‘piccoli‘.
Mentre scrivo sono nonno di una nipotina di quattro mesi
i cui genitori, medici tutti e due, sono di 31 anni e con secondo figlio di
anni 23, già laureato in bocconi, che studia all’estero.
Di tutti, figli e nuore - ricomprendo anche fidanzata di
secondo figlio ! - sono sfacciatamente orgoglioso.
Ma l’adolescenza giovane è per me così lontana e nn so
dire.
All’interrogativo su quali potevano essere i giudizi dei
nostri proff su noi con difficoltà riesco a imbastire una risposta.
Nel corso della prima liceo ho sofferto moltissimo.
Piangevo spessissimo
a casa.
Andavo malissimo a scuola. prima pagella: due 3 e cinque
5, seconda 7 cinque, alla fine rimandato in italiano: una sola materia con il
5.
A settembre Bontempi e Salati a commentare.
E’ stata l’unico esame a settembre della mia vita, ma
ancora mi brucia.
La seconda invece fu la scoperta di un mondo.
Mi divertii molto. Feci amicizia. Amori confessati ed
inconfessati. Vissi una bellissima giovinezza. La mia formazione di base sta
lì.
In fondo fu il primo di quattro bellissimi anni fino alla
Università, dove ancora tutto cambiò. E non in meglio.
Episodi
e frammenti
Episodio
1
Un giorno prendo un taxi dall’ aereoporto di Linate per
rientrare a casa.
In realtà era sera tardi.
Mi ritrovo con l’autista che dopo qualche convenevole di
prassi mi chiede se io ero io.
Io rispondo che sì ero io: ‘… ma tu chi sei allora ? ‘
Era un nostro compagno di classe, di quelli che vennero
solo in quinta.
Al momento nn ricordo il cognome. C’è nella foto di
classe. Capelli ricci, magro e serio.
Mi raccontò che titolare della licenza era stata sua
madre. Aveva dovuto smettere. Lui aveva rilevato e ora lavorava come autista
padroncino di taxi.
‘ … sai le cose vanno così ‘ disse.
Pagai e lasciai un po’ di mancia, come di consueto ( ora
nn più, nn prendo più taxi neppure se mi pagano loro, i tassisti, e quindi
tantomeno lascio mance ).
Mi vergognai di pagare e di lasciare mance.
Ricordo ancor oggi con disagio quella sera.
Episodio
2
Mentre scrivo sento Beatles.
Concerto dei Beatles su tetto della Apple: Get back ed
altre.
Non furono i primi i Beatles a dare un concerto
all’aperto sul tetto.
Né i Jefferson Airplane in NY di cui ho il filmato né
tantomeno, anni dopo, gli U2 anche su carro viaggiante per strada.
Fummo noi: del, garbari ed io a casa di renne, non a
tutti noto, forse a nessuno, in via
correggio.
Ultimo piano, sera d’estate durante una festa o meglio
alla sua conclusione.
La casa di renne era molto altolocata in quanto il padre
era un pezzo grosso dell’ ufficio delle tasse di milano.
Ci salvammo un po’ per quello forse.
La casa aveva un grande terrazzo all’ultimo piano.
Portammo amplificatori e batteria e suonammo. Neanche malaccio ricordo,
repertorio cream e hendrix – per quel che sapevamo ovviamente –.
Insomma un casino pazzesco.
Del nostro gruppo a tre, guidato da Del, autorità non
discutibile e mai discussa insieme a garbari ( io ben più di complemento e di
istinto ) – del come noto ha poi continuato e suona tutt’ora, e con successo,
con una sua band di attempati musicisti –, conservo mirabile foto di klaus che
ci ritrae ad un concerto studentesco, credo s.carlo, impegnati in una
performance improvvisata ma non senza successo, credo in quinta.
Al concerto della terrazza non ricordo chi c’era della
classe, ma qualcuno c’era.
Quella sera ‘ mi feci ‘ una fidanzata.
Secondo copione vennero i vigili chiamato da cittadini
protestatari ed indignati.
Smettemmo.
Non ci furono multe ma il gusto di avere scomodato la
forza pubblica ci fu.
Ce ne andammo a sera tarda, tardissima.
Io con la mia fidanzata della sera fui molto orgoglioso e
compiaciuto, penso però anche imbranato, perché non ci vedemmo veramente più
con la fanciulla.
Episodio
3
Gwangi e l’eoippo.
Klaus aveva le manie della tecnica e della scienza -
mentre scrivo lo penso a festival della scienza che si tiene ogni anno a
genova di questi giorni -; di un certo
gusto dell’orrido con suo fratello Hans – fu lui a portarci a vedere ‘ La notte
dei morti vienti ’, ma quello era un capolavoro – ; e di certe cazzate non
veramente descrivibili.
L’ho molto amato per questo.
Una di queste fu Gwangi e l’eoippo ( o qualcosa del
genere e credo in
quarta).
Trattasi di un film che davano in cinema da terza
categoria che raccontava di uno scienziato pazzo che aveva scoperto la solita
valle della morte o della vita che dir si voglia, dove c’erano le cose più
strane: animali preistorici et simili.
Una specie di jurassic park ante litteram.
Solita figona assistente e giovane scienziato discepolo
che poi alla fine si ribella alle fissazioni del vecchio genio ormai andato via
di testa.
Alla fine c’è l’altrettanto solito vulcano che sommerge
di lava la valle e tutti quanti, il vecchio prof muore stecchito sotto un masso
oppure bruciato dalla lava, non ricordo, e l’amore trionfa.
Per noi Il pezzo forte è gwangi, animale preistorico cattivissimo e l’eoippo, un minicavallo.
Il film era di terzo ordine e poi girato negli anni 60, ma
garantisco, sonoro.
Ma proprio per questo motivo, non perché sonoro, ma
perché di dotazione primitiva, il movimento dei citati animali preistorici era
altrettanto primitivo e del tutto incerto, improbabile.
Sul salto che gwangi faceva “ … che al posto di scendere
a terra sembrava volare … “ abbiamo riso, mimato in classe e retto la sorte del
ridere gratuito per mesi se non anni.
Gwangi l’abbiamo visto più volte, io almeno due, klaus
forse almeno cinque.
Una specie di Gwangi fu anche il Pitecopo, un essere
indeterminato preistorico che era impersonato da Klaus nell’atto di divorare
qualcosa da mangiare che noi gli tiravamo, essendo il pitecopo collocato su uno
sgabello.
Prima performance durante il primo viaggio in
danimarca/norvegia/svezia appena finita la maturità, in un ostello vicino al
circolo polare artico.
Oppure in Inghilterra, nn ricordo bene.
Ricordo bene invece che a vederlo io, dal ridere, sono
caduto dalla sedia dove ero seduto ! ancor
oggi rido di gusto.
Frammenti
estremi
A proposito di cazzate iperboliche una obbligata
citazione poetica che così recita:
l’asin raglia
vuol fieno e non la paglia
ma il fieno è troppo caro
non è per lui somaroooo !
per cui klaus, sì ancora lui, ha creduto per anni che
raglia fosse il nome proprio dell’asino ( tipo giacomino o berta, se femmina )
e non il verbo descrittivo del noto verso animale.
Aggiungo le
trasformazioni grafiche del Principe del Machiavelli ( siamo in quarta ! )
nella sua copertina.
Il Machiavelli a cura di Luigi Russo divenne Il Brinelpo
a cura di Lug Bussen.
Credo l’autore fosse Ogliuto, mio compagno di banco per
anni.
La trasformazione avveniva con lametta da barba per
cancellare e rapidograph per ricomporre.
Un lavoro artigianale di altissimo profilo.
Klaus invece faceva vignette ed una era ‘attenzione al
pericoloso Duns Scoto’ ritratto come un topone avvolto nel mantello ( o giù di
lì ).
Il Bonetti schizza dalla cattedra e si getta sul banco
della prova grafica e rimane attonito: il pezzo grafico era effettivamente di
bravura e lui, che noi chiamavamo il tomista, non sapeva che dire.
Fu mirabile.
A proposito il Bonetti aveva una alfa romeo, penso necessariamente truccata
dal rombo del motore quando in moto, grigiosa di colore, credo una giulia.
Mentre fisicamente era minuto, occhiali spessi, un
parlare preciso ed educato, a noi sembrava molto ligio e riservato, quando
saliva in auto si trasformava in un pericolosissimo delinquente stradale.
Ricordo di averlo visto sgommare davanti al liceo direi quasi con gli occhi
assetati di sangue !
Se qualcuno confermasse sarei contento.
Frammenti
aggiuntivi.
Una altra mitica fu di Gianfranco ( ? ) Ghelfi, oggi
medico in Valtellina, che ogni tanto veniva da Ogliuto, dove io ero spesso a
studiare quando lui non da me, soprattutto in seconda e terza, per prendere
appunti ed informazioni.
Ghelfi suonava il
campanello, Ogliuto apriva, breve conciliabolo, scambio di carte e poi Ghelfi
si dileguava.
Aggiungo che Ogliuto era una autorità in fatto di studio.
A me e klaus, talvolta anche graziano, consegnava gli
appunti e noi li consultavamo tipo edizione critica: cosa dice il Buti ? e il
De sanctis ? e
l’ Oglio ?.
Forse adesso il ricordo è opaco è un po’ romanzato, ma
andava abbastanza così.
Orbene il Ghelfi faceva ginnastica correndo tutto intorno
alla palestra, noi svestiti in pantaloncini e scarpette da tennis – non ancora
da jogging – prof in mezzo alla palestra a comandare i movimenti e lui vestito
di tutto punto, pantaloni, bretelle e camicia, fumando una sigaretta.
Il prof, di cui
non ricordo il nome e che aveva la mania delle circonvoluzioni dissociate e che
anni dopo scoprii essere segretario del sindacato dei giornalai per conto della
Cisl, redarguì blandamente, anche perché incredulo.
Infine una che sempre ricorderò fu in quinta, autore Tino
Nebuloni.
Il prof di francese, non il Salati, più giovane tal dei tali ( trattasi del Camillo Marazzi
ndr ) che fece il commissario interno alla maturità per intenderci, dettava
appunti. Interminabile.
MI pare che prima di riprendere la dettatura il prof
chiedeva:
‘ avete finito, posso andare avanti ?’
Ad un certo punto si sente la voce tipica di Nebuloni che
dice nel silenzio generale ‘ professore,
io ho finito il quaderno !’ e ne seguì una applauso od una risata generale con
commenti vari.
Ottima fu anche quella di Luca Guagliumi, mai più visto,
chissà dove è finito - sì Luca Guagliumi, quello del guano sulla folta barba
coltivata con cura - che a domanda del Tisso, assai impertinente dopo lettura
di testo latino o altro, chiese ‘ … e la
nonna cosa dice ? ‘
Luca chinò il capo sul libro e rispose ‘ Eh la nonna, la
nonna tace maestosamente ! ‘.
E tutti fummo un po’ più
sollevati.
Non ricordo invece perché ero distante di banco chi,
durante i compiti in classe, oppure durante le lezioni del Tisso, oppure di nn
so chi, canticchiava la bellissima dei Rokes “ … ma che colpa abbiamo noi.
lalalalalalalaaa …
( riff di chitarra elettrica ) ! “
Ripresa,
dopo Episodi e frammenti
Ho vissuto i quattro anni di liceo in un flusso continuo
di vita scolastica, per conseguenza sociale, ma in modo un po’ monografico, sia
di persone che di attività.
MI spiego meglio.
C’era la vita scolastica costellata di tempi, doveri,
lezioni, compiti in classe, interrogazioni, campanelle, ritorni a casa, pranzi
con i genitori e relativa rapida rassegna degli avvenimenti, intervallo e
focacce dal Gaslini e cose così.
Quello era il flusso normale degli avvenimenti.
La vita che scorreva.
Poi c’erano gli episodi o gli impegni a tema.
In questa categoria erano ricomprese, appunto, anche le
frequentazioni.
Questi episodi ed impegni erano spesso a tempo,
monografici, tutti a fare le stesse cose che non si capiva bene il perché,
forse un tratto identitario da branco, e ad un certo punto finiva come era
incominciata.
Talvolta appunto anche con la esclusioni delle persone
frequentate per quel periodo di tempo e su quegli argomenti per poi riprenderle
in seguito come se nulla fosse.
Io ho avuto sempre un gruppo di riferimento, certo. Ma
che si era poi allargato, scomposto e ricomposto.
Alla fine la diaspora, anche logistica, prese il
sopravvento, ma appunto non del tutto, mantenendosi un legame che ancora da
giovani ha tenuto insieme e che in fondo dura ancor oggi.
Mi vengono in mente al riguardo e testimonianza, due
episodi uno molto lontano nel tempo, l’altro recentissimo.
Quello lontano è il giorno della Statale espugnata.
Credo inverno 1970/71. Credo in quinta, forse al primo
anno della Università.
Come noto la polizia entrò e la Università fu
letteralmente presa d’assalto ed espugnata.
Mia madre tenne con sé le prime pagine dei giornali di
quella giornata che suscitò stupore e vasta eco nel dibattito democratico
cittadino.
C’era anche un senso di allarme nel ceto democratico
milanese: i nostri ragazzi picchiati da questurini di incerta provenienza ? beh
adesso basta.
Fu in ogni caso evidente come i poteri della città
avessero deciso un colpo di forza, come per dire che in fondo il comando
rimaneva nello stato quando le regole della garanzia democratica potevano
essere accantonate.
Nel ricordo mi è spesso venuta in mente “ mutatis
mutandis “ la indegna vicenda della scuola Diaz al G8 di Genova, di cui ai
recentissimi processi e sentenze.
A noi presero in uno dei cortili della statale ed in modo vergognoso ci accompagnarono, uno
per uno, in mezzo ad una fila di poliziotti in tenuta antisommossa, per
portarci in caserma per identificazione.
Io salii su pulman della polizia frastornato e fui
portato alla caserma di Fatebenefratelli.
Nel percorso fra i ‘pulotti’ - credo giovanni ne fece dei
quadri o dei disegni bellissimi, credo a china, in cui lo scudo era dipinto
come lo scudo crociato democristiano - davanti a me a pochi metri, c’era appunto
giovanni bai.
Ma mentre io ero trattato rudemente, ma correttamente (
ricordo che ricevetti solo un calcio nel passaggio ), Giovanni era maltrattato
in malo modo, strattonato e deriso.
Il senso di
impotenza e di ingiustizia è ancora forte a distanza di quaranta anni.
E quelle sono cose che in fondo, senza inutilmente
poetizzare, legano per sempre, tipo quando hai fatto il militare in guerra
insieme.
Il secondo è recentissimo.
Dopo la festa dei 60 anni a casa di Del, ho chiesto ad
Ogliuto se mi portava in montagna, considerato che io non vado più, mentre lui
è diventato assistente ai gruppi di trekking italia.
Organizzò per fine agosto.
Bellissima gita sotto il Monte Rosa al rifugio Zamboni.
In quella occasione, pur essendo passati oltre quaranta
anni ( con Ogliuto frequentammo durante il Liceo il corso di roccia al Cai di
Milano, avemmo anche vicende tristissime di amici morti in montagna oltre ad un
numero imprecisato di ascensioni sulle Alpi neppure proprio residuali: tutto
questo fa parte della categoria iniziative monografiche e monoambientali ! - )
ricordo che era come se fossimo stati in montagna poche settimane addietro, con
meccanismi di relazione spontanei e semplici proprio come se nulla fosse.
Bello e da ricordare.
Insomma mi sembra che possiamo catalogare i ricordi così
in successione di tempo e di immagini:
Le feste di compleanno fino alla terza dove si ballava
ancora.
Il suonare con Del, al primo concerto suonò l’organo
Klaus.( ci sono le foto ), un po’ per tutto il quinquennio.
Con del anche, poi io proseguii, la pallacanestro alla
chiesa/oratorio di via Previati con duri allenamenti serali. ( Questa cosa di
del che sempre mi portava in ambienti che poi frequentavo è durata molto, per
esempio con il Circolo Lombardini di
Cinisello a tenere una scuola serale, 150 ore ai fini del conseguimento del
diploma di scuola media inferiore per lavoratori, durante la università. Sono
molto grato. )
L’arrampicare e la montagna in genere con Ogliuto ivi
comprese le settimane bianche da me in valmalenco o da maura arosio a
macugnaga. Un po’ in tutto il quadriennio.
La vacanza a Jesolo ed il battello stop da treviso a
venezia sul Sele, estate quarta, forse terza ( fummo ospitati da tale Bernini
zio in seconda di Graziano che fu ministro democristiano negli anni fra i più
recenti del regime della prima repubblica ).
Il mio motorino finalmente conquistato.
L’avvio dell’impegno politico con la occupazione della
scuola in
terza ( Maurizio Calì, Roberto Grassi e Graziano Galli
poi Marco de Zordo. C’era poi un certo Feffo di classe avanti che se la tirava
da grande rivoluzionario e che transitava da noi quale fidanzato di laura
agnoletto. Soprattutto Tito Branca che ‘ non ce l’aveva contro i professori, ma
contro il sistema ! il Branca mi sembra sia finito a suonare il sassofono da
qualche parte in anni post ).
La vicenda della Cecca, sempre in terza.
La vicenda del prof di storia e filosofia ( chi si
ricorda il nome lo dica per piacere ) che diede una nota a me e Ogliuto da cui la
ribellione e tutto il lavoro dei seminari alternativi in quinta.
Anche la insegnante di francese ( ? ) supplente (
raffaella ? ) di CL della prima ora o come si chiamava allora, della comunità
del Pegui, di cui subii fascinazione. Ricordo anche di uno o più incontri a casa
di paola loreti.
Gli episodi drammatici della foto di Marina e la diaspora
di grassi, galli, pipitone e non ricordo chi altri.
Amori diversi che hanno accompagnato tutto il quadriennio
di cui nulla diremo e che si conservano nella memoria, ed anche nel cuore, al
fine della riservatezza per le signore e per non fare la figura dei fessi noi,
poiché certamente ci furono commistioni e sovrapposizioni che non farebbe bene
neppure ora fare riemergere dal lontano passato.
Metterei anche la vacanza ad Ascea Marina per gli scavi
archeologici in terza.
Una vacanza pasquale a Piana degli Albanesi, ospiti
yankee di una Sicilia veramente antiquata, a casa di Gino Riolo. Un mangiare di
squisiti cannoli siciliani, vedere armenti di pecore, un paese come nei servizi
di Tv7 ed una obbligata e sentita gita a
Portella delle Ginestre, direi in prima università, ma collocata con i compagni
di classe e qualche fidanzata aggiuntiva, Laura e Carla per esempio.
Ed infine un trekking stupendo, dal Cervino al Rosa, a
fine quarta con Klaus ed Ogliuto.
Poi l’esame di maturità conclusivo di cui abbiamo un po’
detto.
Ci fu un flusso di interessi verso il Lago Maggiore ed
altre aree di interesse, fui per esempio una volta estemporanea a Camogli da
Marco, al quale io non partecipai e ci furono relazioni dalle quali fui escluso.
Un po’ me ne rammarico, ma le cose andarono così e non mette conto oggi
rivederne troppo i motivi.
Come si dice infondo è la vita.
Richiami
monografici
Le
feste di compleanno e no.
Le feste si facevano ai compleanni. Erano di pomeriggio
ma qualcuna anche di sera.
Non ricordo bene. Si ballava. Lenti e beat/rock, tipo abbiamo
un riff geghegeghegeghegé.
Ho detto tipo perché era ovvio che nn si ballasse al
ritmo di rita pavone.
Poi non ci furono più feste e si ballava sempre meno.
Dovere ricordare il bellissimo ‘ Le bal ‘ di scola: quel
periodo in cui non si ballava più, ma solo si ascoltava la musica accasciati da
qui a lì e da lì a qui l’abbiamo vissuto.
Incredibilmente tuttavia non ricordo i diversi posti e
case.
Mi sembra un’ obbligo evocare le feste, ma appunto ne ho
un ricordo assolutamente vago.
L’unico ricordo che ho specifico è di una festa a casa di
Lauretta Arcangeli, in Bollate.
Era di sera e ci andammo con le Nord.
Credo la prima volta che le prendevo.
E’ una festa un po’ estiva, fa caldo, e la preoccupazione
era il ritorno, non perdere il treno di ritorno.
Mentre invece ricordo dei dischi che si mettevano su,
dell’esperto di turno che voleva metterne solo alcuni ed altri no, del ballare
vero e proprio che a me piaceva, ma, credo, un po’ vergognosamente non
confessavo, dei passaggi sulle cose da mangiare, schema abbastanza solito (
tartine ecc.. all’inizio, cose dolci e torta alla fine ).
La musica era sempre presente, all’inizio con
mangiadischi, anche in gite.
Il bere era rigorosamente analcolico, non come oggi che
mi si dice i ragazzi bevano oltre misura da subito.
Non riesco a ricordare neanche se si faceva il brindisi
augurale.
Ricordo però gli abiti da ‘festa’ delle ragazze, eleganza
senza esagerare.
Le ragazze usavano scarpe con mezzo tacco, spesso con cinturino.
Quello era il tratto distintivo di un abbigliamento da
festa, anche credo un abito scamiciato, piuttosto accollato, corto appena sopra
il ginocchio.
( faceva un po’ Audrey Hepburn che va a colazione da
tiffany, con un tratto, mi scuseranno le
giovani fanciulle, un po’ differente. )
Già l’abbigliamento delle ragazze.
Tralascio la minigonna, emblema di una generazione che
scopriva ampiamente se stessa, in tutti i sensi direi.
C’è una foto malandrina di graziano credo, forse klaus,
di una nostra compagna in mini – tacciamo signorilmente il nome – presa dal
sotto in su laddove seduta al banco, appunto abbondantemente scoperta,
ovviamente a sua insaputa.
Devo dire sinceramente non volgare, ma certamente
pruriginosa.
Non tralascio invece il grembiule nero.
Almeno fino alla quarta direi, poi non era più in uso.
Il grembiule nero che non dimentico è quello svolazzante,
aperto e non chiuso per la fretta, della Maura che invariabilmente alla prima
ora entrava in classe in ritardo. Direi un classico riproposto nel corso del
tempo.
Ma proprio non ricordo l’abbigliamento dei ragazzi. Dico
se un po’ ci si pensava per andare alle feste ?
Credo un po’ sì, ma senza proprio esagerare.
Non capii mai se gli amori sbocciavano o si consolidavano
nelle occasioni del ballo.
O se erano un passaggio obbligato, ma transitorio.
Oppure se in realtà le feste contavano si e no al
riguardo.
Le feste con la terza e la politica sparirono come neve
al sole !
Il
suonare
Del ha portato la musica in classe. Nel suo senso
proprio, non simbolico sia chiaro.
Già dalla prima liceo.
Non so perché mi coinvolse ma alla fine della prima ero
diventato il bassista del gruppo con cui avviammo il sodalizio.
Primo concerto carnevale oratorio di via previati.
Nel gruppo c’era Klaus che suonava l’organo.
Nessun altro della classe.
Il contributo di klaus, che poi lasciò, era semplice (
accordi ed un motivo semplice su una canzone che avevamo ‘ scritto’ tutti
insieme su una base di accordi che mi ero inventato io, mah … )
Klaus veniva regolarmente alle prove, ma non avevamo
l’organo per cui fino al momento del concerto non suonò mai. Quindi faceva più
il tecnico del suono o se si vuole il produttore del pezzo.
Almeno il giorno del concerto l’organo ci fu ovviamente,
ma arrivò persino in ritardo e a klaus vennero le lacrime agli occhi. Aveva
ragione.
Tuttavia il concerto fu un successo ( tre pezzi: una
canzone di Dylan nella versione italiana dei nomadi, Ti voglio; Piccola Katy dei
pooh che veniva benissimo; il citato pezzo di cui non ricordo neppure più il
titolo che era carino con assolo di batteria e di basso in mezzo. )
Sostituimmo klaus con patrizia stanga, mia ex compagna di
classe, bellissima di cui tutti fummo innamorati che faceva il manzoni. Un
figurone.
Ma la patacca la feci io al secondo concerto.
Nel pezzo di solista basso non capisco ancora oggi come
mai il basso si spense e quindi la canzone si interruppe così.
Dopo le cose andarono meglio e non successero più
disguidi tecnici.
Il capitolo musica è lungo e complesso. La formazione
cambiò acquisendo claudio garbari alla batteria da piazza Brescia e lui e del
presero il volo.
Ma fino alla fine del liceo io ho resistito.
Peraltro ci vedemmo i rolling stones al palalido, credo
67, ten years after sempre a palalido, i jetro tull allo smeraldo ( quello che
sta diventando eataly con il 2013 ).
Allo Smeraldo c’era uno striscione che recitava: jan you
are a god ! un italianismo in inglese di sostegno al gruppo scozzese ed al suo
leader, notissimo per il flauto traverso che suonava su una gamba sola.
La musica dei jetro tull, in particolare il secondo
disco, fu la colonna sonora di jesolo 1°, vacanza fine estiva a casa di klaus
dopo battello stop da Treviso.
Indimenticabile.
Ancora se ascolto ’ buree’, seconda della seconda
facciata se non ricordo male, tutta strumentale basso e flauto, mi viene la
nostalgia. !
Con Ogliuto eravamo andati in spiaggia a vedere l’alba
sul mare, tipo film di moretti, ecce bombo, però noi l’abbiamo vista davvero.
Mi sembra di potere dire che noi suonavamo, molti
sapevamo, c’erano occasioni di suonare chitarra e cantare insieme, talvolta con
armonica a bocca, quando c’erano ‘rappresentazioni’ alcuni venivano e via così.
La musica a quei tempi era veramente colonna sonora della
vita giovanile. Quindi anche di noi.
Forse è così ancora oggi.
Ad esempio ci si può ricordare delle ore di disegno dal
prof cavallo con i dischi.
Del in una occasione portò un disco stupendo degli small
faces con una facciata che era una storia raccontata e inframmezzata da
canzoni.
Vi sovviene: “ ai uo sidicam squerno obotei ? Jacson ! )
Su questa abbiamo
retto un secolo.
C’era una vignetta di ogliuto a caricare di contenuti
artistici il tema !
Per quanto riguarda poi la musica io e klaus tornavamo
spesso a casa a piedi insieme, abbastanza vicini di casa.
Nel tragitto per esercitarci cantavamo, lui i contro
canti io il tema.
Beatles in particolare.
Mi sono chiesto anni più tardi che cosa pensava la gente
se ci vedeva ed ovviamente ci vedeva, eravamo per strada.
Del ha comunque guidato sempre la traccia dei gusti
musicali per cui prima eravamo per i rokes, poi beatles, poi stones – facevamo
una jumping jack flash strepitosa – poi cream, poi hendrix – fire molto bene –
poi ci fu la stagione di crosby, still, nash e jung. Poi altri ancora.
Sala prove la casa di del che aveva una cantina box ( ce
l’ha tutt’ora ) finalmente confortevole.
Per finire ho ancora il mio basso.
Pallacanestro
Effettivamente questa della pallacanestro non interessa
un tubo a nessuno e fu attività extra scolastica. Quindi sorvoliamo.
La
Montagna
La montagna è ancora parte della mia vita e ho già detto
prima del reincontro con Ogliuto.
Per me la montagna è chiesa valmalenco, ci andai che
avevo 5 anni.
Ci ho portato i figli e ho passato anche lunghe vacanze
quando ancora c’era la mia mamma ed il mio papà a chiesa valmalenco, non nella
casa dove abbiamo passato stupende settimane bianche con molti di noi.
Non diremo quindi della attività alpinistica vera e
propria che ha una sua dinamica con Ogliuto ma che effettivamente è estranea
alla vita di classe.
L’unico accenno è il ricordo che quando andammo sul gran
paradiso, in fondo un 4000 m, portammo foto in classe.
Il Tisso le vide e si compiacque, direi partecipando.
Era stato graduato dell’esercito credo in artiglieria di
montagna o alpino.
Mi portò in visita con un gruppo di studenti in visita
alla caserma di Aosta.
Devo dire interessante. Siamo in terza credo.
La montagna furono settimane bianche sia a casa mia come
detto, che a casa di Maura in Macugnaga.
Colonna sonora di Macugnaga fu ‘ l’albergo a ore ‘ di … (
giovane barbuto tipo buono non figlio dei fiori )
Quella l’avremo sentita 100 volte.
Bella la casa con giardinone tutto innevato.
Con Ogliuto facemmo le prove di sopravvivenza a dormire
in tenda all’esterno. Pazzesco perché lì senza materassino. Rinunciammo dopo un
po’.
E rifacemmo all’arrivo della funivia di Pizzo Bianco una
altra volta.
Lì riuscimmo.
Da casa di Maura scende una strada che in discesa arriva
alla strada principale.
Qualcuno trovò una slitta lunga. Ci si stava in almeno 5.
E quindi alla sera andavamo in slitta giù, giù fino in
fondo sfociando sulla strada principale.
Una cosa da incoscienti perché se fosse passato un camion
ci avrebbe spiaccicato senza indugio.
Questa la ricordo veramente come cosa divertente e di
tipo ‘gioioso gratis’.
Su e giù, su e giù per la strada ghiacciata ed innevata.
Di notte ad un
freddo polare.
Distruggemmo la slitta ovviamente.
Non ricordo chi ci fosse.
Ricordo però che eravamo in tanti.
Maurizio Calì venne una volta senza alcun
equipaggiamento. Era in rotta con i suoi, sapeva sciare e quindi andavamo a
sciare anche lui presente, mi sembra di ricordare imprestandogli cose,
Un abbigliamento effettivamente estemporaneo, ma sciammo
insieme.
Se potesse confermare sarei contento.
Sciare tutti assieme era bellissimo e ne ho ricordo
intenso.
Anche a Chiesa.
Ricordo una lunghissima camminata a ritorno a casa dalla
funivia io e silvio mingozzi con lui, stanchissimo ma, potrei dire però pienamente
vitale, senza scarponi ai piedi. Solo con i calzettoni.
Lui davanti io dietro, sci a destra e sci a sinistra alle
mani, scarponi in mezzo legati alla ‘bel e meglio.
Gli sci al tempo erano con attacco con filo di metallo
elastico.
Poi vennero con l’attacco automatico.
Poi a casa ammucchiati nelle varie stanze.
Certamente delle sbronze.
Ne ricordo una con la quale divenimmo amici con giovanni, coricati a fianco nel
corridoio a parlare ad alta voce di non so che.
Viene qualcuno e dice di abbassare la voce.
E noi sì d’accordo e poi continuare come se nulla fosse.
Un anno, era capodanno credo quarta, costruimmo con la
neve un muretto in mezzo alla strada per ostruire il passaggio.
Senza successo. L’avevamo fatto contro quelli che
scendevano dal Grand Hotel per il veglione, ed eravamo appostati dietro la
finestrella del bagno di casa al secondo piano, quindi sopra i lampioni.
Ad un certo punto passa uno che voleva fare il gradassone
e rimane con la macchina in bilico sul muretto senza andare avanti indietro.
Si avvicina una auto e lui sollevato attende l’arrivo per
un aiuto.
L’altro passa via senza indugio e lo lascia lì di stucco.
Avevamo ragione a dire che coloro che andava al veglione
erano tutti stronzi.
La ragazze facevano da mangiare ? boh non mi ricordo.
Credo di no era una cosa collettiva e comnitaria.
Ma non ricordo bene questo aspetto della vita collettiva.
I tè sì se ne faceva in quantità e si mangiavano
biscotti. Ma non ricordo le cene. Ricordo la cassa comune peraltro di
complemento per tutto.
Giovanni teneva sempre la contabilità.
Ma non ricordo i menù. Si andava di wurstel – da cui la
nota vicenda dello
scontro della golosino’s e della sciomo ! tormentone fra
i tanti, una cazzata – di pane, pasta e non ricordo altro.
Più avanti le coppie avevano siti dedicati notturni, ma
questo costituiva motivo di ammassamento di tutti gli altri, diciamo scoppiati.
Sacchi a pelo e disordine, mi pare di dire senza
esagerare.
Passeggiate e neve e ovviamente sci per chi sapeva.
Ricordo che un anno dormivamo in un lettone in tre,
promisqui fra maschi e femmine.
Un altro anno io e graziano in un lettone. Tirammo a
sorte, a noi toccò la convivenza.
Una volta Del portò da casa il burro optimus della
Polenghi Lombardo.
Mi colpì molto il burro optimus in scatola gialla di
metallo rotonda.
Del non sciava e rimaneva a casa aveva da studiare e
suonava chitarra.
Ho un ricordo generale delle settimane bianche a casa mia
e di case d’attorno affittate. Stufe che andavano a tutto spiano e legna da
ardere da cercare nonché il gasolio per le atre stufe.
Mi pare che eravamo intorno all’austerity in alcuni casi.
Non furono poche le settimane bianche, con diversi
partecipanti e quindi sovrappongo persone ed occasioni.
Jesolo
1 e motorino ( + gita firenze )
Non ricordo l’anno direi terza, estate post scuola.
Forse seconda.
Non ricordo la dinamica decisionale e chi propose di
andare al mare.
Andammo a Jesolo a casa di klaus: io ogliuto e graziano e
ovviamente klaus.
Appartamento in condominio in riva al mare.
In Jesolo 2 ero con fidanzata di nome daniela, oggi
medico.
In quella seconda occasione lasciai la mia macchina
fotografica ( al tempo tutti eravamo dotato di macchina fotografica, nikon F klaus,
nikormat ogliuto, mamya io e graziano forse niente ) sul tetto della macchina.
Partimmo con macchina sul tetto, dopo 50 kilometri mi accorgo e a rotta di
collo torniamo indietro.
Macchina ritrovata e scassata da aggiustare. Mah ?!.
Ma jesolo 1 rimane fondamentale.
Colonna sonora jetro tull, secondo lp.
In una altra vacanza al mare, ma più avanti, in Sardegna
gli America di Ventura Highway. Bellissimo.
Andammo a trovare gli zii di graziano vicino a Treviso,
peraltro bellissima.
A jesolo tornammo facendo battello stop, via Venezia,
cioè chiedendo un passaggio, su barcone che trasportava ghiaia per Venezia.
Ciò a motivo del fatto che nessuno ci dava passaggio
autostop.
Il barcone lo scoprimmo per caso. Vicino a dove senza
speranza attendevamo passaggio in auto. Era tarda mattina.
È stato uno dei trasferimenti/viaggi più belli che abbia fatto.
Non mi dilungo.
Arrivammo in Venezia in barcone lasciati non molto
distanti da piazza San Marco all’imbrunire, come si dice, a quell’ora ancora
infiammata dell’ultimo sole.
Giungemmo alle chiuse sul fiume Sele, prima di giungere a
Venezia, per un trasbordo su altro barcone.
“ Ricordarsi sempre che il capitano di un barcone anche
se l’equipaggio è formato da una persona, è sempre il capitano, senza se e
senza ma “.
E’ stato l’avvio di esperienze vacanziere comuni.
Iniziò un sodalizio a quattro che si concluse, di fatto,
nel viaggio in Danimarca Norvegia e Svezia dopo la maturità, anche se ci diede
la spinta a progetti futuri del tutto inconcludenti che si spensero ben presto.
Ed ebbe un affievolirsi lungo due anni.
Colloco qui un altro passo avanti nella mia condizione.
In terza liceo il mio papà si convinse a comprarmi un
motorino.
Furono gli zii a convincerlo. Rimarrò sempre grato.
Il motorino era ambizione di tutti credo. Ne erano in
possesso anche le ragazze, tipo Ciao, cioè che si avviavano girando i pedali.
Noi invece a manovella di piede.
Ricordo ne aveva uno Marina e uno la Peppa. Non ricordo
di altre
Klaus aveva un Morini quattro tempi, stupendo. Graziano
un Motom, io avrei avuto un Benelli ‘leoncino’.
Detto così fa abbastanza schifo, forse di più.
In effetti pessimo nome, banale e senza standing.
Però era un ottimo motorino che graziano ed il suo amico
pasquale mi truccarono con carburatore aperto in alto. Una cosa meccanicamente
eversiva.
Faceva i 70 all’ ora e forse più.
Niente casco ovviamente.
Grande autonomia e senso di essere grandi.
Facevamo per andare in centro la ‘via delle piazze’ (
direttamente pagano, conciliazione, cadorna ), oppure il ‘puttangiro’ (
amendola e vie d’attorno ).
Una volta in motorino andammo con klaus e la peppa a
prendere un frullato da Viel dietro a piazza diaz.
Noi di frutta e lei ‘specifico’, che non si capiva che
cosa era. Abbiamo riso molto di questo, la Peppa ricorderà.
Andare in motorino era bellissimo. Quando l’ho riavuto in
roma dove sono stato a lavorare molti anni mi è sembrato, come si dice, di
tornare giovane.
Io mi sentivo comunque sicuro e protetto con graziano ed
anche klaus, che loro si intendevano. Io non capivo un tubo di motori e
motorini.
Mi rubarono il motorino di sera davanti a casa di klaus.
Quella sera non si riusciva ad entrare nel condominio perché,
credo, il citofono era guasto.
Per non perdere tempo comunque legai con catena/lucchetto
alla cancellata esterna.
Me lo rubarono così, di sera, neppure troppo tardi.
Trovai la catena spezzata, lasciata lì, come una gratuita
villania.
Piansi amaramente, proprio a calde lacrime, inconsolabili.
Da quel momento chi fa furti di questo genere, tipo
bicilette e simili, ha il mio totale ed incondizionato disprezzo.
Troppo facile prendersela con chi ha poco.
Da allora peraltro credo di essermi trasferito ‘sul lato
oscuro della forza’ nel senso della tolleranza zero senza se e senza ma,
evitando inutili sociologismi per questo genere di cose.
Segnalo un fantastico sketch di Antonio Albanese sul tema
del motorino rubato.
Mentre chiudo questo ‘capitolo monografico’ ho ricevuto
note di commento ed ho letto note di commento.
Ha ragione Roberto.
Avevo dimenticato la gita a firenze.
Credo perché in quella occasione ero a disagio, sera non
andai fuori a ballare o fuori tout court.
Non so perché ma fu così. Forse amori infranti.
Il don che ci accompagnava era vestito laicamente , con
cravatta e giacca.
Suscitò certo scandalo. Beh per quei tempi non era poi
proprio indietro.
Ricordo un casino pazzesco classicamente un po’ fuori
registro.
Ma non molto di più.
L’impegno
politico
Beh io mi sento di avere vissuto una grande stagione.
Senza retorica e senza vaghezza di reduce.
La meglio gioventù, formidabili quegli anni ed altro…
La formazione, l’impatto, l’impressione visiva e la
emozione furono forti in quella stagione.
Il libro di Bobo per esempio evoca e molto dimostra al
riguardo.
Per me fu così, al punto che l’impegno politico, e
sociale, è divenuta la mia attività professionale e tutt’ora riscontra la mia
quotidiana attività.
E’ proseguita alla università in modo massiccio, come per
altri, poi si è travasata in una attività che è divenuto il mio lavoro.
Riferimenti furono all’inizio maurizio calì, che mi
sembrava già allora un po’ fuori, ma certamente dichiarato e senza ambiguità.
Altre strade furono percorse dopo.
A casa sua mi faceva vedere maschere anti lacrimogeni ed
altro.
Ero decisamente scioccato. In questo ero ancora ingenuo e
in fondo giovane, molto giovane.
Maurizio fu bocciato in terza, forse quarta proprio a
motivo della attività politica. Effettivamente credo non studiasse più.
Ricordo con intatto stupore – non voglio tuttavia evocare
ricordi amari – il giorno che furono esposti i tabelloni.
Con Maurizio ed altri eravamo seduti sui gradini del
liceo a commentare.
Viene il suo papà, un signore alto e molto austero,
severo anche nel portamento. Autorevole di suo.
Entra, si trattiene poco, esce e gli dice qualcosa così:
‘ … ti faccio i miei complimenti per i tuoi risultati. Sei contento ? ‘
Maurizio non rispose con sorriso finto beffardo, come a dire non mi interessa
molto.
Credo finto perché non fa piacere a nessuno fallire un
risultato, anche se è del tutto possibile, direi normale.
E superare l’anno in fondo era il senso della attività
scolastica.
Io fui molto colpito, pensavo cosa sarebbe stato per me,
con i miei, e soprattutto dovere abbandonare il mio ambiente di classe e le sue
consuetudini.
Mi sentivo, lo ricordo benissimo ancora oggi, decisamente
smarrito.
Maurizio si trasferì a recuperare la classe a Sora,
provincia di Frosinone.
Ricordo quella volta che tornò in classe in visita.
C’era il Tisso e lui parlava romanesco, o meglio laziale
di ciociaria, diverso dal romanesco di roma, come noto a chi frequenta le zone.
Sarebbe per noi come uno di Pavia che parla con uno di Bergamo:
non è la stessa cosa.
La cosa fu rimarcata.
Poi ritornò a Milano e lo ritrovai in statale anni dopo.
Quell’anno occupammo il liceo. Era la prima volta che
succedeva.
Ricordo perfettamente la assemblea che decise la prima occupazione.
Presiedeva fra gli altri quel ragazzo, biondino, erre
moscia, palesemente ricco di famiglia che poi si ritrasse dalla attività
politica, mai più visto, che giocava a pallone nell’oratorio di via previati.
Un anno davanti a noi, sezione di inglese.
Era nel pomeriggio dell’autunno 68. ( ? )
Qualcuno può confermare ?
Ho visto che per la espugnazione della statale, Bobo Grassi ha siglato con data precisa.
Ricordo bene perché da allora ho imparato la lezione, ed
ai miei figli ho sempre trasferito, di non fidarsi mai di chi fa la parte di
stare ‘ a sinistra della sinistra ‘, laddove però c’è dietro famiglia e censo
elevato.
Se non c’è verifica prolungata di serio impegno nel tempo,
alla fine i ricchi ritornano, facendo i delusi, nel loro ambito.
Ovviamente confortevole per alimentazione, accudimento,
talvolta da personale di servizio, e condizioni generali, anche quelli della
annoiata distrazione culturale.
Ma quella assemblea la ricordo benissimo.
C’era anche uno, tipo bel tenebroso, in eskimo, che
ammaestrava dal profondo, anche in questo caso non ricordo il nome.
Senza retorica il votare la occupazione, senza però poi parteciparvi
di notte, fu la violazione di verginità della mia condizione fin a quel momento
vissuta in relazione alla vita sociale.
Come il primo bacio d’amore, che dai e ricevi. Per me
proprio al liceo.
Votavo una cosa illegale e contro, consapevolmente.
La cosa fu ripetuta per altre occupazioni.
Però, come si dice, quella fu la prima.
Ricordo due episodi. Non necessariamente di quella
occupazione, forse di altre.
In uno silvana manzardo era così emozionata ed incerta
che mi dice in dialetto milanese (
bellissimo ) e quasi con le lacrime agli occhi, ‘…su no se fa ‘. Ne ho ricordo dolce ed integro.
Eravamo alla uscita dell’edificio centrale parallelo al
Conti, come per andare alle palestre all’interno della scuola. Mi auguro che
silvana possa confermare.
Un secondo fu quello in cui per la prima volta presi la
parola in un gruppo di lavoro.
Contestavo che la occupazione non si poteva reggere
perché non c’erano tutti gli studenti presenti. Era un appello alla
partecipazione e alla sua mancata realizzazione.
Mi obbligò a prendere la parola graziano, con tanto di
patacca di Mao Tze Tung su pullover, ‘.. adesso cazzo tu parli, lo dici in
gruppo …!
Presi la parola di foga. Tito Branca indiscusso capo
supremo, ascoltò dopo che il citato graziano ‘ …Tito, un attimo, ascolta per
piacere ! … ‘ e rispose dicendo una cosa così: ‘… quello che dice il compagno è
vero, però non possiamo aspettare che tutti siano convinti, ci vuole una
avanguardia che segni la traccia …”.
Ero divenuto un compagno.
E mi aveva smontato la obiezione in quindici secondi.
Ero disorientato della mia debolezza, ma obiettivamente
emozionato di partecipare.
Infine tutti ricorderanno: ” mmh … è inutile che dica che
sono fratello di mio fratello… Tutto quello che ho da dirvi è che mio fratello
non è fascista … “ da Klaus dopo che Hans, il fratello appunto, fu malmenato
davanti a scuola.
Elementi esterni. Casino generale. Preoccupazioni, era
pur sempre figlio del console generale di Danimarca, accidenti.
Assemblea di comprensione critica quindi. Si svolse in
anni più avanti.
In una occupazione ci fu la decisione di lasciar tenere le
lezioni in una aula del liceo, nell’altra invece no, era occupata.
Ricordo il cartello, enorme ai miei occhi e per la prima
volta visto, scritto a mano con pennarello rosso, che dava sull’ingresso
dell’ala ufficiale, sotto il quale gli studenti ligi, non occupanti, passavano:
“ Lasciate ogni speranza o voi che entrate …”, di seguito una sequenza di
critiche alla scuola borghese.
Poi c’erano i genitori che erano venuti a vedere cosa
succedeva.
Il vecchio operaio padre che diceva ‘ non si sputa nel
piatto dove si mangia! ‘, la madre che diceva alla figlia ‘ tu vieni a casa e
basta ‘, quelli dentro che deridevano, quelli incerti. Un gran discutere
davanti. Bellissimo.
Non so se in quella occupazione ci fu l’episodio che finì
anche sulla stampa dei crocifissi tolti dalle aule e messi tutti in un armadio
alla rinfusa.
Foto sui giornali e mia madre che chiede a casa, ‘… ma
allora che cosa volete fare veramente ? la chiesa la lasciate stare e basta ! ‘.
In una altra si entrava nella scuola occupata, dal Conti
quasi davanti dove abitava Paola Loreti, dalle finestre del piano terreno.
In una altra ancora, o forse era la stessa, del tutto
incoscientemente, tenni un gruppo di lavoro.
Ricordo che c’era Bobo Grassi che era venuto a
controllare e mi fece i complimenti. Fui molto orgoglioso.
Una volta andammo in giro con Ciacco per le classi o
forse era proprio quella volta del Gruppo di lavoro.
Ricordo quel senso strano di vagare per aule vuote di cui
si aveva disponibilità nel silenzio del pomeriggio.
E molta, moltissima invidia per chi dormiva all’interno
della scuola di notte.
Era una categoria diversa, un'altra dimensione, un
empireo irraggiungibile.
Erano come i pretoriani di cesare, la vecchia guardia di
napoleone, il servizio d’ordine, per l’appunto.
Ho vissuto con certo complesso di inferiorità per anni,
per quella condizione, che era per me di condivisione, ma di impedita agibilità
personale a partecipare.
Annovero a questa condizione di progressiva
consapevolezza delle cose il fatto di incominciare a leggere il giornale,
inteso come quotidiano.
Non era poca cosa secondo me.
L’unico che leggeva un quotidiano, il Corriere della Sera
( giovanni ha corretto con il Giorno ndr ), direi abbastanza regolarmente, e
non certo solo durante le occupazioni, era Giovanni Bai.
Veniva a scuola con il giornale cioè alla mattina.
Prima lo guardavo con curiosità ed estraneità, ma poi con
certa ammirazione.
In questo, beh non solo in questo, Giovanni era forte.
Ricordo una discussione in Inghilterra/Scozia, credo vacanze
di primo anno di università, sul tema della visita ai musei in vacanza, che
difese con pieno successo attraverso un argomento semplice e forte che suonava
un po’ così: non si può crescere ignoranti e stupidi.
Ma lui aveva già propensione per l’arte.
La lettura dei quotidiani si inquadrava in quella
prospettiva: non si poteva ignorare quello che succedeva nel mondo.
La attività politica si sviluppò molto per tutti negli
anni a venire.
La
professoressa Cecchetti detta Cecca
Sulla Cecca e la sua vicenda ho già detto.
Direi epocale comunque.
Ricordi in breve sono: il quaderno che depositato su cattedra
serviva come traccia alle spiegazioni, quaderno polveroso e con fogli aggiunti,
chissà quando fu predisposto la prima volta !?
La Cecca leggeva e poi alla lavagna illustrava. Mi
sembrava una cosa fuori del tempo e dell’immaginabile che un prof avesse
bisogno di un ausilio per insegnare, poi ho scoperto che molti all’università
facevano così. Ora si fa con slides e simili.
Il Pino. Pappagallo o canarino ? non ricordo.
“ El correo esta là … ! “. Risposta ad una domanda della
Cecca in gita in Spagna non si sa quando, con la quale si chiedeva dove stava
la buca delle lettere per spedire cartoline in Italia. Sembrerebbe che la buca
delle lettere fosse in mezzo alla strada. Non ho mai veramente capito.
“ Torna al tuo posto, torna al tuo posto !!! “ implorazione
venata di disposizione per cercare di rimettere ordine in classe. C’è anche nel
filmino e si intuisce dalle labbra che si muovono ( il filmino era b/n e muto
ovviamente )
“ Ma cosa vi devo dire di diverso. Ditelo, ditelo voi,
cosa devo dire di
diverso ? “. Povera donna. Implorazione esplicita quando
le cose erano ormai deteriorate. Ricordarlo mi angoscia un po’.
“ Una la va de chi, l’altra la va de là … “ Le radici di
funzione. Ma anche esplicita risposta con successo che diede klaus ( in milanese
! ) a domanda della Cecca alla lavagna. L’interrogazione andò bene.
Moltissime vignette della Cecca ritratta con le ‘ guaine
‘ agli avambracci sopra grembiule nero.
Le scarpe della Cecca, tipo polacchino nero, alla
caviglia per intenderci.
Ci fosse una foto ?
Alcuni andarono poi al Beccaria dove era approdata ( De
Zordo credo ) e ritornarono informando che anche là nulla era cambiato in
sistemi didattici, riferimenti e battute.
Nel filmino mi vedo io che fuori della porta saluto che
era dentro. Ero fuori anche perché dovevo prepararmi per una interrogazione
della ora successiva.
Mille anni di sciagure a chi ha perso o deteriorato il
filmino !!!
Come
si dice, Pillole ( 1 )
Gaslini alto e allampanato commesso di corridoio, cioè
bidello di piano, entra in classe ( ala laterale del liceo ) per questioni
burocratiche.
Il prof. ( Tisso ? ) dice: ‘ … allora che c’è di nuovo
oggi Gaslini ?’ risposta
‘Anche oggi non c’è il s(z)ole, professore ‘.
Roberto Bottoni entra in scuola ed in classe con bandiera
del milan sulle spalle ( spero che sia il milan ! ) con grande clamore
celebrativo dopo che la squadra aveva
vinto non so quale coppa international.
Interessante per entusiasmo sincero ed anche perché mi
sembra che allora fosse già un po’ in controtendenza rispetto agli umori
giovanili del tempo, Apprezzabile e coraggioso.
Bottoni sentiva la radiocronaca delle partite, appunto
alla radio, in spagnolo:
‘… colpo di
cabeza, gooool !’ ne parlavamo allegramente.
Partita di calcio ad un campo vicino al S. Carlo. Non ne
abbiamo fatto molte. Forse due o tre massimo. Non ricordo contro chi.
In una ( a 11 contro 11 ) con donne presenti a fare il
tifo.
Ricordo benissimo Marina in quella occasione.
Ad un certo punto c’ è un lancio sulla sinistra, lungo
con palla alta.
Klaus, come si direbbe ora era sulla fascia, non perché
fosse ala sinistra valida, ma perché così non rompeva in mezzo al campo
considerato che forse non aveva mai giocato a calcio in vita sua.
Corre in avanti sollecitato da alte grida di esortazione
dei compagni di squadra e forse di tutto il pubblico insieme, così solo per
fare casino e basta.
Il fatto era che non capiva dove era la palla.
E correva in avanti un po’ alla cieca.
Ad un certo punto questa gli piove sulla schiena e lo
butta a terra: fuori lui e fuori la palla.
Credo abbiamo riso un quarto d’ora !
La Melzi inviperita che beve cappuccino da termos e
mangia biscotti in classe con noi presenti in aula di scienze, in fondo là.
Non so perché entrammo prima del tempo e quindi lei nn
aveva potuto rifocillarsi adeguatamente e per tempo. Mi stupì molto.
Sempre la Melzi tuttavia ( chissà se la Melzi era della
famiglia Melzi d’ Eril ? secondo me sì, il citato Gaslini ne aveva molto
rispetto ) che ci illustra direi con certa passione il film di Kubrik ‘2001
odissea nello spazio’ proprio al fine del magnificare le meraviglie
dell’universo. Non banale.
Il Sanna al V anno che ci porta in aula di fisica. Noi
increduli vediamo per la prima volta degli esperimenti. Gli esperimenti era
sulla elettricità.
Sempre con il Sanna io che entro in classe, aveva una
bella cravatta verde, insolita per il suo severo ma non triste abbigliamento
sardo, e dico ? beh oggi come siamo eleganti ! ‘ lui rise compiaciuto.
A me il Sanna piaceva molto.
Divenne Vice Preside se non sbaglio e offrì la cattedra
di matematica e fisica a Vanda Riboldi.
Bravo.
Carletto ( ? ) Pace. Personaggio da Catania per un anno.
Credo quarta. Interessante e disastrato quasi abbandonato dai genitori, non ho
mai capito da dove venisse e dove sia andato. Il Tisso diceva … ma quel ragazzo ha forti
capacità di sintesi’. Lo aiutò. Una volta, il Pace non il Tisso, mi porta a
casa sua e mi fa vedere dei libretti pornografici ante litteram. Scioccanti al
punto giusto. b/n foto senza storia.
Con il maschio girato dall’altra parte, come per vergogna
o forse proprio solo per non farsi riconoscere, mentre la fanciulla sorridente
che guarda ben dentro l’obiettivo, come in posa da circo. Mah !
Non ho mai avuto molti rapporti con Pace, mi sembrava
alla fine triste e solo. Gli prestai tutti i miei dischi dei Beatles che mi
restituì in extremis.
Tito Myre, quinta. Una incognita totale. Di lui ricordo
solo che diede un passaggio in moto al Tisso che doveva correre a fare esami in
Cattolica e non aveva tempo.
Moschetti …!?!?!?!? …( carneade/moschetti chi era costui
? )
Il Tisso che ride commentando un libro di latino.
Edizioni boh ? Con un disegno in copertina dove si vede un asino seduto.
L’autore era Bendetto Riposati, con l’accento sulla a.
Ed il Tisso a dire che in realtà voleva dire Benedetto
riposati, verbo, con l’accento sulla o. E rideva.
Poi si scopre che il Riposati era un vescovo o giù di lì,
della Cattolica, ed era prof di latino ed era il capo del Tisso o giù di lì. Mi
faceva incuriosito questo modo di prendersi in giro dei proff. altolocati. Come
quella descrizione delle donne ‘ a pera ‘ di cui sempre il Tisso raccontava in
occasione di cene di rappresentanza.
Un mondo così lontano.
La prof.ssa Tissoni da noi in sostituzione una ora del
marito.
Unica volta in quattro anni.
( la moglie del Tisso non era una brutta donna, glaciale
però con quei suoi occhi azzurri )
Non volava una mosca.
Leggiamo un brano di latino e fa una domanda
obiettivamente molto difficile, non so quale ma certamente so che era
difficile.
Io non sapevo da che parte girarmi.
Maurizio risponde titubante, ma perfettamente.
La prof dice ‘ Complimenti, informerò il vostro professore
della vostra preparazione !’ .Rimase così a mezz’aria. In fondo ce la eravamo
cavata piuttosto bene.
Come
si dice, Pillole ( 2 )
Profimyk o Profymik o Profimik o Profymyk.
Già non saperne bene il nome la dice lunga.
Una brava signora dalla Sicilia che insegnava chimica.
Chissà se la sapeva poi ?
Tre su Pipto.
Con simpatia si intenda !
Interrogato dal Tisso incomincia dicendo ‘ … beh
vede …’
Subito fulminato: ‘ Va bene che ho gli occhiali, ma cosa
crede che sia
cieco !?’ . Pipto smarrito.
Una volta ci fu un episodio, che ora non ricordo, del
tipo furto o cose simili.
Nel conversare Augusto dice qualcosa come che per forza
il colpevole era uno della classe, o similia. Pertinente a dire il vero.
Fulminato la seconda volta. Esce una specie di foglio giornale
che illustra le indagini in corso segnalando che l’universo dei sospetti, da
oltre un milione quali erano gli abitanti di Milano, si riducevano a 32, quali
eravamo in classe: “ Complimenti Sherlock Pipt ! La redazione “.
Credo Ciacco cioè Franco Suardi.
L’ultima perché eravamo veramente giovani.
Pipto interrogato in francese dal Salati. Siamo in prima
quindi. Si ricordi la grappa avec la vipère dedans per la moglie.
“ Votre nom ? Augusto !, Votre nom ?? ( un minimo
spazientito ) pausa Augusto. Votre nom ??? ( piuttosto spazientito ) pausa
ancora, illuminazione, colpo di mano su fronte spaziosa: Auguste, pardon”.
Evvai pipto !!!
Espressioni del Tisso.
Comodi prego all’ingresso.
Stia punito! Eh
via, sto parlando proprio con lei, non faccia finta di non avere capito che sto
parlando di lei.
Veda lei.
C’era poi una espressione che ci metteva in crisi e che
adesso non ricordo.
Era nel dialogo e molto disarmante.
Chi ricorda ?
Inoltre le sigarette fumate in fondo alla classe con la
finestrona appena appena aperta e matita a tenere socchiuso.
La classe aperta mentre facevamo il compito in classe,
very english in fondo.
Il loden verde, sempre quello, ma di grande qualità.
Scarpe con suola di vibram credo anche d’estate.
Gian Galeazzo: un nome importante e di peso ‘ …
l’abilitazione all’insegnamento, chi mi giudicò degno di insegnare fu il
Sapegno ‘ ( può essere ? se non era il Sapegno era un very important , di
questo sono certissimo ).
L’ex libris blu sui suoi libri. Ne vedemmo uno solo a
dire il vero, almeno io e non ricordo in quale occasione.
Quella volta che è venuto con i polsini della camicia
chiusi con lo scotch.
Sempre la cartella, mai niente sottobraccio e mai niente
niente.
Corriere della Sera, spessissimo terza pagina informando
che lui tagliava gli articoli e li conservava in scatole da scarpe.
La fissa – lodevole – della puntualità. Non si ricorda un
ritardo.
I compiti in classe corretti con commento assolutamente illeggibile
e tutti in fila a farsi tradurre il suddetto commento.
Era sui temi e sui compiti di latino. Direi scritto in
rosso.
Dopo i fattacci della foto di classe anche Bobo andò a
farsi tradurre una volta. Imperturbabile il Tisso lesse e commentò.
‘Mai dare meno di 4. Inutile rovinare un ragazzo. Quando
va male male si dà 4 meno, forse 4 meno meno’. Non ricordo un 4 meno meno dato dal Tisso a
qualcuno.
‘E dica obeso, inutile dire forte, lei è di taglia forte,
dica obeso non mi offendo’.
Una volta drammatica, da morire veramente.
Io in banco con Ogliuto e dietro Graziano, forse anche
Klaus.
Compito di latino. Non si capisce niente.
L’unico è Ogliuto. Non si riesce a passare informazioni.
Il Tisso girava per banchi durante i compiti in classe. Graziano letteralmente
strappa la brutta a Ogliuto e copia.
Arriva il Tisso e dice ‘ ma lei non scrive ? ‘ Ogliuto ha
un colpo di genio e dice ‘Io leggo e rileggo più volte e poi lo scrivo tutto
d’un colpo ! ‘ Salvi.
Ogliuto aveva di queste alzate di ingegno.
Come quella volta che con il Cavallo, a domanda ‘ … ma
cosa c’è scritto
qui ? indicando una espressione scritta sul foglio che
era letteralmente:
‘ questo disegno fa schifo al tazzo ! ‘ ( ho scritto
tazzo, non altro ).
Ogliuto come un po’ saltando sulla sedia e diventando
teso come una corda di violino risponde: ‘ Questo disegno fa schifo al tazzo,
espressione d’uso corrente ! ‘
Il Cavallo se ne va.
La predilezione per Laura Agnoletto e la timida bugia per
nascondere i problemi di salute di lei, quando fu sottoposta a piccola
operazione chirurgica.
Era stato a trovarla a casa portandole dei marron glacés.
Io una volta mi faccio sentire (interrogare) per
rimediare una precedente non andata bene e recente.
Mi va male ancora. Mi brucia molto, molto. Lui mi guarda
e mi dice ‘ …ma non si metterà a piangere ? ma si figuri ! Ma guardi che mi
figuro ! … ‘. Steso. Triste torno al mio
banco.
Il
prof. Scirocco e la breve autogestione
Il professore si chiamava Scirocco.
Me lo ha ricordato con mail vanda riboldi o silvana
manzardo ( mentre scrivo non ricordo bene e pigramente non voglio verificare
nella corretta citazione ). Grazie.
La vicenda fu intensa, breve e significativa.
Io e ogliuto eravamo in fondo, appoggiati al muro
chiacchieravamo sommessamente, veramente senza disturbare.
In ogni caso lo scirocco interrogava, non faceva lezione.
Ad un certo punto, veramente questa fu una inutile
cattiveria disciplinare, lo Scirocco ci appioppa una nota perché disturbavamo.
Ci fu una insorgenza generale, credo che tutti si misero
a disturbare per avere una nota anche loro. O forse qualcuno, però il clima era
quello.
Il dato era il senso di ingiustizia imposta
gratuitamente.
Quello che si potrebbe descrivere ancor oggi: ma guarda
che stronzo !
Dalle successive lezioni ci gestivamo gli argomenti da
soli.
Una volta a turno ciascuno relazionava su un argomento.
Io feci la mafia per esempio.
Una sorta di RAP ( ricerche parziali alternative ) di
moda in Statale.
Molto orgogliosi, ma anche debolucci obiettivamente.
Andammo avanti un po’.
Lo Scirocco scrisse sulla cattedra che convocava seminari
al pomeriggio.
Io non ci andai mai, ovviamente.
Senza traumi si ritornò alle lezioni normali e lo
Scirocco non infierì.
Fece una eccellente lezione su Marx per esempio.
Non ricordo come ritornammo alle lezioni.
La vicenda sapeva di maturità alternativa. Di conquistata
consapevolezza che si potevano fare cose diverse. Di solidarietà gratuita. Di
volontà di rivalsa.
Di coesione fra noi. Di intraprendenza anche. Credo che
l’indirizzo fu dato da Marco de Zordo, bravo.
Andò bene, non aveva il sapore di un confine superato in un territorio
inesplorato e nuovo che poteva dare emozione e vertigine ( esagerando un po’ si intende ), ma di
gestione di un diritto al quale eravamo pronti.
Non sconvolse, ma confermò.
Io fui grato e lo dissi pubblicamente alla classe tutta
intiera.
Questo Scirocco era poi un personaggio interessante, in
odore di omosessualità, aveva un modo di parlare affettato ed era un po’
isterico.
Ma parlava un ottimo italiano, molto proprio e netto
nella definizione di concetti e cose.
Chissà, si poteva fare di meglio con lui e lui con noi …nel
senso delle lezioni non della omossessualità !
Un giorno arriva tutto vestito di nuovo, in modo
giovanilista, pullover e camicia, pantaloni un po’ scampanati in fondo, anche
scarpe rossicce; prima sempre giacca ( bigia e severa ) e cravatta, scarpe
nere, dicendo che aveva riflettuto e si indirizzava verso una nuova condizione
di ‘ vita ’.
Ogliuto dopo un po’ di tempo siglò: ‘ eh ce ne vuole a
comprare un paio di calzini e dire che è nato l’uomo nuovo ! ‘. Vero ed
efficace.
La nota non influì sul giudizio conclusivo della
maturità, forse.
Vacanze
archeologiche ad Ascea Marina ed altre vacanze.
Le vacanze archeologiche di Ascea erano nell’aria.
Decisi di andarci insieme ad alcuni altri.
Andai dal profeta di turno per recuperare un ultimo posto
possibile.
Si chiamava Nieder, il nome non lo ricordo.
Era della sezione A o B, stesso anno nostro. Quelli della
sezione A e B se la tiravano un po’ secondo me.
Entrai chiesi di parlare con Nieder alla prof di turno. E
lei mi disse:
‘ … e parlaci, con Nieder ’ io dissi ‘ dove, qui ? ’ risata generale.
Come Fracchia fui costretto ad andare al banco di Nieder,
confabulare per sapere sotto lo sguardo di tutti e poi salutando andai via.
Quello stronzo neppure si alzò in piedi.
Mi dava un senso di parvenu provinciale che mi ferì.
Ricordo Ogliuto, Bobo Grassi, Galli, la Peppa e Marina.
Non ricordo altri della classe.
Ne parlo perché per me fu la scoperta del Sud per la
vacanza, il Club Mediterranée che mai avevo visto ( alloggiavamo là per quel
periodo ).
Un mare bellissimo, panini con mozzarella di bufala (
siamo in provincia di Salerno ) e pomodori, grossi come panettoni a 100 lire,
poco anche allora.
Suonate alla chitarra alla sera. Giocate a ping pong e
bigliardino.
Chi mi conosceva, c’erano un po’ tutte le scuole di
milano, mi chiamava charlie non choerli, come successe poi alla università.
Lavoro negli scavi. Si lavorava veramente.
Al mattino si partiva dal Club Med e via, credo in
camioncini o forse anche a piedi. Si scavava, io ero in un negozio e trovai
pezzi di anfora. Ascea era un porto anticamente poi interrato.
Piena e totale libertà.
Eravamo a fine giugno.
Lì scoprii il fiorire delle ragazze. Nel senso della loro
femminilità e libertà.
Non intendo costituire equivoci raccontando.
Le ragazze erano più avanti, più libere, furbe, più
capaci di giungere al punto. Più consapevoli del loro fascino appunto femminile
e si vedeva.
Le lunghe gambe abbronzate ed il corpo agile e flessuoso
come solo a 17 anni si possiede e si mostra.
Non so bene ma credo che ad Ascea la questione della
diversità di genere mi fu chiara in via definitiva nelle diverse sfaccettature.
Ricordo una avventura pomeridiana con Ogliuto e la Peppa
a recuperare un canotto lasciato là da Graziano o cose del genere in una grotta
sul mare.
Arrampicandoci su per rocce impervie, direi senz’altro
pericoloso e avventuroso.
Bellissimo dal punto di vista della macchia mediterranea
e un po’ del mistero del posto. Credo che abbiamo rischiato però.
Sono tornato da Ascea cambiato.
Direi un po’ come una educazione sentimentale visiva che
mi svelava segreti.
Sicuramente persi delle occasioni ed ancora me ne duole.
Persi delle occasioni senza possibilità di recupero.
Da cui la convinzione che ad una certa età ‘ … ogni
lasciata è persa …’.
Da grandi si sceglie sempre in un senso o nell’altro.
Vacanze a Piana degli Albanesi.
Non si può non dire perché c’è una foto di gruppo a
Portella delle Ginestre.
Possiamo dire che noi abbiamo reso onore ai caduti di
Portella. Eravamo però già alla università.
Gino non era un finto cugino di Del. Del è abbruzzese.
Gino, detto Gino perché si chiama Giorgio, aveva avuto su
me forte ascendente sul piano intellettuale.
Molto frequentato un certo periodo e poi dopo anni perso.
Rifondatore organico.
In tempi recenti ho detto a lui senza mezzi termini che
avere fatto cadere Prodi 1 sulle trentacinque ore ( argomento che dopo mezz’ora
è stato dimenticato da tutti, padreterno compreso credo, ed oggi ovviamente
ancora più ignorato ) significava che RC aveva preso soldi dai padroni. Un po’
lo penso ancora oggi.
SI alterò non poco.
Andammo in treno con un viaggio in seconda di 24 ore
scendendo a Palermo.
Poi in Bus a Piana.
A Piana si parla albanese del quattrocento. Falem vuol
dire salve.
Falem o Meri vuol dire Salve Maria. Era scritto sotto una
immagine della Madonna alla annunciazione in una nicchia per strada.
Anche qui profondo sud. Una altra scoperta.
Siamo a Pasqua per il rito ortodosso. Incredibile.
Il rito della messa ortodossa è proprio per adepti nel
senso che il celebrante esce dall’altare che è chiuso alla vista dei fedeli e
non si sa cosa succede dentro. Ogni tanto esce e si presenta.
Pieno di gente donne da Palermo impellicciate – ricordo
che faceva caldo ed era impensabile la pelliccia a quella primavera già avviata
– mah !
Poi i cannoli siciliani squisiti che si compravano in un
posto e solo in quello.
Insegna “ Sono e resto il migliore “.
Incontri alla sezione del Pci locale che all’inizio della
scala per salire al primo piano riportava una grande foto di Stalin in divisa
di maresciallo della Armata Rossa.
Il compagno Guzzetta era il segretario. Giovane belloccio
tutto capelli e barba e con successo presso le nostre ragazze. Mi ingelosii
molto
Visita alla Vucciria a Palermo. Un mondo veramente
diverso dal nostro.
Noi sempre un po’ yankee in visita in messico.
Tutti in casa con visite di Totuccio, amico di Gino, che
ci portava le bombole del gas.
Una volta vennero i carabinieri per capire cosa
succedeva. La nostra convivenza destava curiosità ed anche un po’ di scandalo.
Ritornammo continuando a viaggiare di notte.
C’erano fidanzate esterne alla scuola, per me Laura, ed
anche amici esterni.
Dopo quella, una cosa così di gruppo non si fece più.
Poi chi poteva e
voleva, andava in grecia e turchia a
fare vacanze estive. Incominciava il riflusso.
Ancora
Professori
La Raffaella … era professoressa supplente di francese.
Credo quarta. Portò un modo inedito di rapportarsi. A me
piaceva, in senso nobile si intenda.
Ricordo che era giovane, un po’ più grande di noi e
ricordo che portava i foulard.
Ci fu un periodo che le ragazze portavano i foulard. Di
Gucci per la fascia alta.
Poi i foulard non ci furono più. Ma un certo periodo
imperversavano.
Facevano un po’ Grace Kelly in Caccia al ladro.
Ovviamente con rispetto parlando la futura principessa
era altra cosa.
Si potrà dire anche di Cary Grant.
Comunque la Raffaella aveva questi foulard e la ricordo
che entra in classe da noi, impegnati in lezione con il Tisso chiedendogli un
incontro così per conoscersi.
Era una iniziativa estemporanea per il clima di quel
tempo.
Ne venne una curiosità pian piano per questa comunità di
credenti di GS che poi divenne CL
Andai ad un incontro, credo con Del, con il Giussani.
Devo dire non capii molto. Il linguaggio era veramente
complesso ed anche oscuro. C’erano almeno duecento persone.
Mi sembrava una realtà veramente diversa.
Ci furono a casa di Paola Loreti incontri.
Con la citata Raffaella che si portava il solito
genialoide universitario, molto affabulatore ed anche molto narciso.
I maschi di Cl, quelli dirigentini diciamo, erano tutti
molto compiuti nella loro funzione di dispersione del credo e molto narcisi di
sentirsi parlare con sorrisini battute e ammiccamenti.
Chissà se al raduno cui partecipai era presente Formigoni
giovane.
Avremmo potuto sopprimerlo subito e l’Italia e la
Lombardia si sarebbero risparmiate anni di declino intellettuale e politico
oltre che di occupazione della scuola, degli ospedali e di altri gangli di
società civile attraverso la azione di questa ‘opus dei’ della media borghesia
lombarda!
Adesso poi c’è Scola… vedremo ma non butta bene ancora,
proprio no.
Formigoni l’ho poi incontrato diverse volte in aereo ed
in occasioni istituzionali ed in occasioni bilaterali.
Bel tipo non c’è dubbio, migliorato con il passare degli
anni, - si sa l’uomo matura e un po’ migliora, forse – ma con gambe a X.
Pessima connotazione.
Ricordo Formigoni ad un comizio in Piazza Duomo per una
tornata elettorale europea, può essere del 1984 quando fui candidato anche io e
morì Berlinguer, arringare con forza per
una Europa cattolica e ferma sui suoi principi cristiani, ancor più, appunto
cattolici.
Ricordo il senso di brivido.
Non c’è dubbio tuttavia che colse una attesa ed uno
smarrimento della società.
La questione è sempre presente nel dibattito politico
CL è divenuta una macchina di potere infernale come noto.
Non capii il pericolo allora.
Ritrovai CL alla università. Ma veramente non c’era più
storia. E da tempo in realtà.
In quelle discussioni presso casa loreti il tizio narciso
evocava fidel castro come esempio positivo. Mah ! vai a capire.
La Raffaella si sposò ed andò in Africa , fu cacciata in
malo modo dal quel delinquente di Amin e tornò in Italia.
Poi della Raffaella si persero le tracce.
Colloco qui la vicenda della diaspora di classe derivata
dalla nota ‘scoperta’ della foto e soprattutto delle notazioni, commenti e
saluti scritti dietro la foto, posata forse un po’ incautamente sul banco, di
Marina.
L’episodio è noto. Ricordo il sobbalzo che feci alla voce
del Tisso che dice
“ Questa la prendo io caro bobo, cioè roberto grassi “.
Io non capivo cosa stesse succedendo. Stavo di posto
distante.
Poi le cose andarono come noto.
Sapeva di equilibrio perduto. Di rottura definitiva. Di
alterazione di un clima.
Ricordo nettamente l’invito a bobo di andarsene l’anno
dopo da parte del Tisso. E lui se ne andò.
Con lui altri. Alcuni non ricordavo neppure.
Non fu bello e si aprì una altra fase della vita di
classe.
Tuttavia c’è da dire che il nucleo forte rimase comunque
coeso, al punto che continuiamo a vederci e sentirci.
E’ stato evocato l’episodio della telefonata notturna al
Tisso, che peraltro reincontrai una volta, una sola, in tram, ma anni dopo,
sempre uguale ma financo affettuoso.
A me non sembrò edificante quella sera da casa di
Graziano.
Tuttavia forse la frattura fu così grande che comportò
anche quelle cose, diciamo residuali ed atipiche.
Ultimi
racconti di vacanza estiva e la ‘matura’
Una vacanza bellissima. No ho ricordo limpido e veramente
bellissimo.
Io Ogliuto e Klaus: traversata da Cervinia a Macugnaga a
piedi con zaino in spalla.
Volevamo arrivare in svizzera a Zermatt, con un ultimo
passo di montagna esattamente appena oltre dove c’era l’arrivo dell’ultima
sciovia
( sasso nero credo o cose del genere ), quella dove
sciavamo con maurizio calì vestito con materiali prestati alla bisogna, ma non
riuscimmo per stanchezza.
Era l’anno dei mondiali del messico, ‘ 70 quindi.
L’idea era di percorrere una tappa per giorno, dormire
senza spendere una lira e tornare in autostop o quasi.
Costo zero, gambe in spalla, metà giugno in quota c’era
ancora neve.
Aggiungo qui una considerazione che non ricordo se ho già
riportato.
Un tempo si andava avendo indicato una meta ed un
percorso alla famiglia.
Ma niente di veramente circoscritto ed indicato con tempi
e modalità.
Ad esempio al secondo anno di università andammo in
Sardegna, l’occasione già indicata da
giovanni, da cui ci trasferimmo con gli stormy six che erano in formazione
ridotta, erano solo in tre, in basilicata per una festa dell’unità a lagonegro
in provincia di matera.
Poi io in calabria a tropea – quella volta del bagno di
sangue di cui dice giovanni. Erano tempi cupi, siamo alla stagione del ‘ boia
chi molla ‘ e dei fascisti in piazza ! – poi in sicilia a catania da cui in 500
ritornai a milano.
In quella occasione mi addormentai guidando e scontrammo
contro il guard rail della autostrada: un autentico terrore, ma nn successe
nulla per grazia ricevuta.
Orbene credo di non avere avvertito i miei. Forse una
cartolina, forse qualcuna di più.
Idem in Danimarca per un mese. Idem in Gran Bretagna e Scozia
per un altro mese.
Insomma non c’erano telefonini.
Si andava in auto anche per mete esotiche - chi andava in grecia e turchia per esempio
-. non succedeva niente ( che io sappia solo turi toscano ebbe incidente
mortale ! ) e si ritornava.
Io mandavo cartoline illustrate che arrivavano una
settimana dopo e potevi essere morto da almeno cinque giorni oppure telegrammi.
Ho figli che hanno letteralmente già girato mezzo mondo,
ma ci sono andati sotto giuramento che un segnale al giorno, pure se breve,
solo per sapere se tutto andava bene, ci sarebbe stato.
Devo dire che hanno abbastanza mantenuto la parola.
Quindi la domanda: ma come facevano i nostri a lasciarci
andare così ?
Avevamo dai 18 ai 23 anni in fondo. E’ vero che non
c’erano strumenti diversi di comunicazione se non quelli indicati, ma certo un
atto di coraggio fu manifestato, senza dubbio.
Deponiamo quindi con gratitudine alla generazione dei
nostri genitori.
Torniamo a Cervinia.
Dormimmo dal parroco della chiesa che ci ospitò gratis.
Il mattino dopo partimmo.
C’è un insieme di diapositive di klaus che testimoniano.
Dormimmo dalle suore a Alagna, nel senso di un asilo
vuoto gestito dalle suore.
A Champoluc in rifugio invernale.
A Gressoney dormimmo, sempre per terra ovviamente, in un
albergo in costruzione.
La cosa va raccontata.
Non c’era clero a cui chiedere o forse non c’era un posto
di accoglienza.
La stagione era molto precoce. Chiedemmo senza avere veramente
udienza e pensavamo così di dormire all’addiaccio, come si dice.
Ma qui c’è un episodio da raccontare.
Era la notte della partita italia germania, quella del 4
a 3, assolutamente mitica.
Ci facemmo invitare dall’albergatore, vedemmo la partita
con mezzo paese
( trattasi di 20 persone non di più ) nella cucina
dell’albergo fra stufe e pentole.
Piano terra. Televisorone, bianco e nero e non si vedeva neppure
bene.
Fu entusiasmante.
Quando segnava l’italia c’era esplosione di entusiasmo
non descrivibile. Il padrone che guardava la partita con cappello in testa (
siamo alle due di
notte ) quando segnavamo sbatteva il cappello a terra
urlando, urla belluine da parte di tutti, goooool ! abbracci e soddisfazione.
L’Italia si fa con la nazionale di calcio ho pensato più
volte. Poi il calcio è divenuto spettacolo e non è più sport.
Fu veramente mitica. Ovviamente ci diedero una stanza per
dormire, ovviamente per terra.
Dal punto di vista della natura era bellissimo: nevi in
scioglimento, marmotte che saltavano fuori qua e là, cielo azzurro e energia
per camminare.
Ci fu l’episodio dell’asino cavalleggiante di cui ridemmo
per un pomeriggio, di klaus che a un certo punto era così stanco che guadava i
torrenti passando in acqua senza più saltare per sassi, Ogliuto guidava esperto
di zona.
Io non sapevo fare bene lo zaino e non mi veniva mai
bello compatto come quello di Ogliuto, il che mi rompeva assai.
Giungemmo a Macugnaga e ci sistemammo a casa di maura, un
po’ allargandoci.
Vedemmo la finale dei mondiali nel bar della piazza di
macugnaga, perdemmo 4 a1e tornammo, come si diceva nei pensierini delle
elementari, stanchi ma soddisfatti della bella gita passata insieme.
Concludo con il ricordo, improvviso mentre scrivo, di giovanni
che portava sciarpe lunghissime fino ai piedi. C’è una vignetta di klaus che lo
riprende mentre è interrogato.
Di Laura che legge in metrica a senso, inedito.
Di Maura che incomincia qualsiasi frase con cioè.
Di Marco che ammaestra dall’ultimo banco.
Dei lunghi corridoi del liceo che mi sembravano, come
tutta la scuola, grandi, ma che visti anni dopo invece si erano ridimensionati
in larghezza e autorevolezza.
E concludo con la maturità.
In realtà non ricordo molto.
Ma è come ‘The end’ in ‘Abbey Road’, ci deve essere un episodio
che conclude.
Ricordo la commissione d’esame.
Il commissario interno era il marazzi, c’era un prof. di
matematica che non parlava mai. Il membro esterno forte era uno di lettere.
Feci, come ho detto, un tema orrendo, ma un ottimo orale.
Il prof si complimentò manifestando stupore. Matematica nella media.
Ero giunto al termine finalmente.
Non ricordo altro.
Partimmo abbastanza subito per la danimarca con due 500 e
ricordo che dovevamo partire al mattino mentre invece lasciammo milano nel
pomeriggio neppure troppo presto. Dormimmo al di là del Gottardo in campeggio.
La tenda grandissima da 8 ed eravamo in quattro l’aveva offerta
tito myre, dai boy scouts credo.
Poi un po’ di noi si iscrisse ad agraria, ma lì, come si
dice, incomincia una altra storia, proprio una altra storia.
Finito
di scrivere in treno passando da firenze ( pensando tutto il male possibile di
renzi ) il 15.11.2012 alle 16.20 ca. e corretto l’ultima volta il 16.11.2012.
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